BONACO

Il bonaco (bònaco)[1] o bonaso (bònaso[2]; in latino bonnacon[3] o bonasus) è un animale leggendario simile al toro, menzionato nella Fisica di Aristotele[4], nella Naturalis historia[5] di Plinio (per il quale è originario della Peonia in Macedonia)[5] e nei bestiari medievali, tra cui quello di Aberdeen[3]. Ne parla anche Leonardo da Vinci nel suo Bestiario[6].

Aspetto

Un'altra immagine da un bestiario.

Sul collo ha una criniera di cavallo, mentre il resto del corpo è simile al toro.[5] Le sue corna sono rivolte all'indietro, così che anche se volesse cozzare non farebbe male a nessuno.[3] Per difendersi questo animale scappa[5][3], ma durante la fuga si lascia dietro una scia di escrementi corrosivi[5][3], che bruciano tutto ciò che toccano, lunga oltre 600 metri[5].

In alcune illustrazioni è rappresentato di colore blu, in altre di colore rosso[7] o marrone.

Caccia

Il bonaco è spesso raffigurato nei bestiari mentre uno, due o tre cacciatori lo infilzano con la lancia, proteggendosi dietro lo scudo, oppure lo trafiggono con una freccia, protetti da una cotta di maglia. L'animale, infatti, volge loro le spalle e tenta di difendersi spruzzando addosso agli uomini (o all'uomo) i suoi corrosivi escrementi.

Note

 

  1. ^ Lemma "bonaco" nel TLIO - Tesoro della lingua italiana delle origini.
  2. ^ Lemma "bonaso" nel TLIO - Tesoro della lingua italiana delle origini.
  3. ^ Salta a:a b c d e Bestiario di Aberdeen, folio 12 recto.
  4. ^ Aristotele, Fisica, libro IV (Storia degli animali).
  5. ^ Salta a:a b c d e f Naturalis historia, libro 8, XVI, 40.
  6. ^

    «67. Bonaso: noce colla fuga. Questo nasce in Peonia, ha collo con crini simile al cavallo, in tutte l'altre parti è simile al toro, salvo che le sue corna sono in modo piegate in dentro che non pò cozzare, e per questo non ha altro scampo che la fuga, nella quale gitta sterco per ispazio di 400 braccia del suo corso, il quale dove tocca, abbrucia come foco.»

    (Leonardo da Vinci, Scritti letterari)

  7. ^ Ad esempio nel codice miscellaneo del 1450, conservato al Museum Meermanno Westreeniaum dell'Aia (MMW. 10 B 25).